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Il 10 dicembre 1926 la nuorese Grazia Deledda ricevette a Stoccolma il premio Nobel per la letteratura. Il suo inno d’amore verso la Sardegna ed i sardi in quel momento di gloria.

Grazia Deledda è una scrittrice di origini nuoresi della quale dobbiamo andare fieri. Non solo perché sarda. Non solo perché è l’unica scrittrice italiana ad aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura il 10 dicembre 1926. Ma, soprattutto, perché nelle sue opere ha parlato tanto della Sardegna ed è anche grazie a lei che siamo stati conosciuti a livello internazionale, in un’epoca nella quale i libri si leggevano davvero.

Grazia Deledda nacque a Nuoro il 28 settembre 1871, quinta di sette figli di una famiglia benestante. Frequentò la scuola sino alla quarta elementare e poi venne seguita da un precettore. Ai tempi le donne non frequentavano le scuole superiori.

La sua adolescenza non fu semplice e venne segnata da una serie di problemi in famiglia: il fratello maggiore Santus divenne un alcolizzato, il più giovane Andrea fu arrestato per furto. Quando Grazia aveva 21 anni il padre morì per un infarto ed iniziarono per la sua famiglia i problemi economici. A 25 anni, perse anche sua sorella Vincenza.

Nonostante questo, la Deledda era appassionata di scrittura e ad appena 15 anni inizio a scrivere la sua prima novella per un giornale nuorese: era il 1886.

Dopo un tormentato amore epistolare con il giornalista Stanis Manca che sostanzialmente non la scelse in quanto non proprio di bell’aspetto secondo lui, la Deledda si sposò nel 1890 con Palmiro Madesani a Roma, città nella quale si era trasferita per riuscire ad emergere come scrittrice e frequentare la borghesia letteraria dell’epoca che iniziò a leggere le sue opere, permettendo alla Deledda di farsi un nome conosciuto ed apprezzato nel panorama letterario prima ed internazionale poi.

Grazie a questo, venne insignita il 10 dicembre 1926 del premio Nobel per la letteratura a Stoccolma. Quel giorno, di fronte a menti eccelse provenienti da tutto il mondo, la Deledda disse: “Sono nata in Sardegna. Ho vissuto coi venti.

Sono nata in Sardegna. La mia famiglia, composta di gente savia ma anche di violenti e di artisti primitivi, aveva autorità e aveva anche biblioteca.

Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni, fui contrariata dai miei. Il filosofo ammonisce: se tuo figlio scrive versi, correggilo e mandalo per la strada dei monti; se lo trovi nella poesia la seconda volta, puniscilo ancora; se va per la terza volta, lascialo in pace perché è poeta.

Senza vanità anche a me è capitato così. Avevo un irresistibile miraggio del mondo e soprattutto di Roma. E a Roma, dopo il fulgore della giovinezza, mi costruii una casa mia, dove vivo tranquilla col mio compagno di vita ad ascoltare le ardenti parole dei miei figli giovani.

Ho avuto tutte le cose che una donna può chiedere al suo destino, ma grande sopra ogni fortuna la fede nella vita e in Dio.

Ho vissuto coi venti, coi boschi, con le montagne. Ho guardato per giorni, mesi ed anni il lento svolgersi delle nuvole sul cielo sardo. Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l’acqua corrente. Ho visto l’alba e il tramonto, il sorgere della luna nell’immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo.

E così si è formata la mia arte, come una canzone, o un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo.”

In quel discorso della Deledda c’era tutta la sua voglia di riscatto verso un padre che aveva osteggiato il suo percorso di scrittrice e di amore verso la sua Terra Sarda, scritti volutamente da me in maiuscolo per rispetto ed amore della Sardegna dalla quale provengo.

In Cosima, opera autobiografica postuma pubblicata dopo la morte della Deledda nel 1936, questo suo viaggio introspettivo viene manifestato al lettore come in nessun’altra.

Di sé la Deledda diceva: “Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombre dei nostri boschi; di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri, così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza. Avrò tra poco vent’anni: a trenta voglio avere raggiunto il mio sogno radioso quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda”.

E sicuramente c’è riuscita. Ha realizzato i suoi sogni. Il 15 agosto 1936 Grazia Deledda morì a causa di un tumore al seno, del quale era da tempo malata. Ma, ci ha lasciato un patrimonio letterario immortale che vivrà nei secoli, del quale dovremmo solo andare orgogliosi.

Foto: Grazia Deledda a Stoccolma mentre riceve il Nobel per la letteratura.

Articolo di Maria Vittoria Dettoto

Maria Vittoria Dettoto
Maria Vittoria Dettoto
Maria Vittoria Dettoto, 48 anni, ozierese, editore e direttore responsabile. Madre di Antonio ed Andrea, Dottoressa in Scienze Politiche, giornalista iscritta all'Ordine dei Giornalisti della Sardegna. Nel campo del giornalismo vanta anni di esperienza pregressa nella carta stampata, in radio, nei blog. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche online. Web manager, content creator, esperta di social e network marketing e di gestione delle risorse umane, ha lavorato per due multinazionali mondiali, gestendo i suo gruppi di lavoro a livello regionale e nazionale. Da sempre attiva nella cultura e nel sociale, innamorata della Sardegna, ha da sempre contribuito alla valorizzazione dell'isola, della sua cultura e delle sue tradizioni.
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