La cucina sino al dopoguerra, era la stanza della casa nella quale si passava più tempo. Si cucinava nel periodo freddo grazie alle stufe a legna, i camini e sos brajerisi oltre che i piani cottura.
L’alimentazione era prevalentemente fatta di cibi provenienti dal lavoro nei campi, spesso conservati in armadi a muro a vista come quello in foto o con le ante, ricavati all’interno delle pareti. I pavimenti erano fatti in graniglia di marmo, poco pratici da lavare a mano, con l’ausilio di panni e chinate per terra.
Per lavare i piatti si usava l’acqua di cottura della pasta o si metteva a scaldare sulle stufe. I saponi venivano fatti in casa o acquistati nelle drogherie. Normalmente le famiglie sarde erano molto numerose, nel periodo estivo si facevano le provviste per l’inverno: salsa di pomodoro, conserve e marmellate, verdure sott’olio o sott’aceto.
Si uccidevano i maiali per la carne e le salsicce. Si preparavano e consumavano i formaggi stagionati. Si consumavano le uova fresche delle galline proprie. L’acqua da bere naturalmente non si acquistava come oggi, ma si beveva dal rubinetto o si prendeva dalle fonti.