Leggendo nella foto sotto quelli che erano i “doveri delle spose” secondo quanto previsto dalla società del secolo scorso riportati su Famiglia Cristiana, ci si rende conto che da essi la donna sarda era lontanissima.
Ricordo che sino alla riforma del diritto di famiglia risalente al 1975, la donna italiana era tenuta ad osservare regole simili anche a livello di ordinamento giuridico italiano.
Per fortuna da allora e con l’integrazione delle leggi sull’aborto e sul divorzio, le cose sono cambiate. Ma ci sono tuttora realtà che da quanto scritto nel riquadro non si allontanano.
In Sardegna la donna invece ha sempre avuto un ruolo di primo piano: fulcro della famiglia e della società, non è mai stata subordinata al ruolo di moglie nei confronti del marito. O di madre nei confronti dei figli.
Anzi. La donna sarda è sempre stata quella che ha amministrato le finanze della casa, che ha gestito i terreni o gli immobili di famiglia, che ha istruito i figli pur avendo magari “solo” un titolo di studio elementare.
Amata e rispettata, si è sempre fatta valere da chunque. La sua figura viene venerata nei secoli dai tempi della Dea Madre. E pensare che dovesse assoggettarsi alle imposizioni del marito, dei figli o della suocera, non ci apparteneva prima e ancor meno ci appartiene oggi.
La donna sarda è sempre stata una donna con la D maiuscola: fiera, libera, indipendente economicamente ed intellettualmente e questo è un patrimonio socio-culturale che abbiamo il diritto ed il dovere di tramandare alle giovani generazioni, affinché questo ruolo primario che da sempre ci appartiene, non venga mai meno.