In Sardegna ogni paese ha un proprio abito tradizionale ed ognuno di essi vanta parti preziosissime ed uniche, tramandate di generazione in generazione, custodite come gioielli.
Su lionzu, il fazzoletto che incornicia il volto delle donne di Orgosolo, prodotto grazie alla tessitura dei bachi da seta come cinque secoli fa, è tra questi.
È il risultato di un processo di lavorazione lungo e meticoloso, che dura oltre un anno, che ha inizio nel mese di maggio, quando il gelso inizia a germogliare. I suoi semi vengono raccolti e tenuti da parte sino al giorno di San Marco dell’anno successivo, quando riposti nel seno delle donne, viene portato nella chiesa di San Pietro, affinché venga benedetto.
Da lì inizia la lavorazione vera e propria de su lionzu, che ha il caratteristico colore giallo dei bachi da seta, derivante dai bagni nello zafferano e dalla purezza della sua razza, che rimasta racchiusa nelle montagne barbaricine, ha mantenuto il suo colore originale.
Furono i gesuiti nel 1665 ad introdurre la seta in Sardegna. Si stabilirono ad Oliena ed iniziarono la loro attività proprio ad Orgosolo. Il clima favorevole della Barbagia favorì nei secoli la diffusione degli alberi di gelso, dai quali si ricavano i bachi da seta.
Grazie alla lavorazione dei bachi, la seta venne gradualmente introdotta negli abiti tradizionali sardi e contemporaneamente esportata fuori della Sardegna, in particolare a Como, in Lombardia, da dove raggiungeva poi i mercati francesi, svizzeri e tedeschi.
Il baco da seta giallo di Orgosolo per le sue caratteristiche è stato negli anni classificato come una specie a sé stante, battezzata proprio “Orgosolo” e riconosciuta a livello scientifico.
La lavorazione del baco da seta protrattasi con grande vigore sino alla metà del secolo scorso, ha subito una battuta d’arresto con l’introduzione dei tessuti sintetici, ma ancora oggi nel piccolo comune barbaricino si trovano donne che lavorano come in passato.
Il valore economico de “su lionzu” è giustamente elevato, sia per la lavorazione artigianale che c’è dietro, sia perché magari è un oggetto antico tramandato tra madre e figlia ed al valore economico si aggiunge il valore storico, culturale ed affettivo.
Nell’abito tradizionale di Orgosolo :su lionzu” rappresenta elemento caratterizzante anche per il modo in cui viene sistemato, grazie all’arte delle donne del paese, con la parte inferiore che copre completamente il collo e la bocca, lasciando ben visibili all’osservatore esterno solo gli occhi,l naso e la bocca di chi lo indossa.
Il suo colore è nettamente in contrasto con quelli sgargianti delle altre parti dell’abito, che sono invece un tripiludio di colori che ca dell’arancione al fucsia, dal verde al blu, rendendo l’abito tradizionale di Orgosolo indubbiamente uno dei più belli e caratteristici della nostra isola.
Foto: Beatrice indossa l’abito tradizionale di Orgosolo, con “su lionzu” fatto da sua suocera, custode di un allevamento di bachi da seta. La foto è stata scattata dalla signora Lucia Paglia. Foto bachi: Cuore della Sardegna.