Chi come me appartiene alla generazione dei cinquantenni o giù di lì, ha vivo nella memoria il ricordo di quando si andava al mare negli anni ’80 e ’90 con le proprie famiglie.
I preparativi per la partenza, anche se si rientrava in giornata, duravano giorni. Si preparava tutto l’occorrente da portare in spiaggia: asciugamani, ciabatte, ombrelloni, borse frigo. La crema solare per noi era la Nivea, che di protezione solare non ne aveva e infatti puntualmente ti ustionavi sotto il sole cocente, mentre aspettavi che trascorressero le 3/4 ore necessarie per fare il bagno, prima o dopo il pranzo.
Quest’ultimo rappresentava il momento clou della giornata e veniva preparato con cura dalle donne di casa come minimo dal giorno prima. Si componeva di: lasagne, insalata di riso, melanzane alla parmigiana, fettine imparate, insalata, anguria da 10/15 chili a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare.
Che per digerirlo servivano appunto 3/4 ore. Era impensabile andare come si fa oggi con un po’ di frutta dentro un contenitore di plastica. Ci si sedeva tutti attorno ad un tavolo, se c’era o negli asciugamani sotto l’ombrellone e si consumava il tutto, mangiando come se non ci fosse un domani, perché mica si doveva riportare niente a casa la sera.
Concluso il fantozziano convivio, che solo a pensarci adesso mi fa sorridere, si trascorreva il tempo parlando, giocando a pallone, a racchette, a bocce, a carte. Si ascoltava la radio portatile a batterie ( sempre che riceveva il segnale).
I telefoni cellulari neanche esistevano, quindi se andava bene le foto si facevano con una Polaroid o con la macchina fotografica di qualcuno. Le foto si prendevano come uscivano, sempre che uscivano e non uscivano buie o troppo chiare.
Il viaggio di ritorno a casa, come quello di andata, era più un viaggio della speranza, specie se si usavano i mezzi pubblici, stracolmi di passeggeri all’inverosimile, tra puzza di sudore e fumo di chi fumava dentro le carrozze del treno.
Nonostante tutto ciò eravamo felicissimi, forse più di adesso, perché nel nostro avere poco, quel poco ce lo godevamo, ridendo, rientrando a casa sfiniti ed aspettando la domenica successiva per ripetere tutto dal principio.